Isola Procida - Guida Turistica

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 Marina Grande l'unico porto commerciale dell'isola.Appena si sbarca dal traghetto ci si trova di fronte al Palazzo Montefusco del XII sec., detto della "Catena" perché, un tempo, il vialetto posteriore che portava al palazzo era sbarrato ai passanti da una catena, o anche "Merlato" per la stupenda merlatura sovrastante l'intero palazzo. Nel passato fu la residenza estiva del re, poi antico convento e oggi abitato dai procidani.
 A destra della spaziosa banchina denominata "sotto le grotte"(per le numerose grotte scavate nel tufo per tirarvi le barche e oggi adibite a magazzini), superata la stazione marittima, i cantieri navali e l'istituto professionale per le attività marinare, vi è l'omonima spiaggia separata, attraverso una scogliera, da quella detta "Si Lurenza".
 Sulla sinistra, percorrendo Via Roma, superato il crocifisso ligneo del 1845, eretto dai marinai a testimonianza della loro grande fede, e la recente via libertà, costeggiando le vecchie case dai mille colori(in modo che i marinai potevano distinguere anche da lontano, sulle loro barche,la propria casa) e i vari caffè, pizzerie,ristoranti(molto graditi nella loro semplicità ai villeggianti e agli stessi procidani) giungiamo nella piazza detta Sent'cò(Sancio Cattolico) ove sorge la chiesa di S. Maria della Pietà(1616).
 Proseguendo lungo la banchina del nuovo e moderno porto turistico si arriva al civico 10, dove vi era una volta l'albergo della Vittoria, che ospitò Alfhonse de Lamartine, autore del romanzo Graziella, l'eroina, figlia di pescatori, immagine tipica della bellezza procidana(Procida infatti oltre ad essere soprannominata l'isola del Postino o di Arturo, è anche detta l'isola di Graziella).Più avanti ancora, superato il maestoso cancello d'ingresso della scuola "F.Caracciolo"(che, con i suoi 168 anni di storia, è il più antico istituto nautico d'Europa), si arriva alla spiaggia della Lingua, cosiddetta per la punta di natura vulcanica rivolta verso Nord ove è posta una croce ferrea, per ricordare l'affondamento dei velieri barbari(1500).
 Tornati nella piazza di Sent'co, palcoscenico di tutte le manifestazioni folkloristiche dell'isola, volgiamo le spalle al Nord e al continente per inerpicarci nel centro storico isolano, attraverso la strada detta del "Canale". Questo nome sostituisce nel parlato comune quello ufficiale via Vittorio Emanuele II, poiché la strada molto stretta, prima della creazione della rete fognaria, convogliava le acque provenienti dall'alto.
 Percorsi cento metri si arriva di fronte ad un’edicola votiva dedicata alla Madonna, posta all'angolo tra due strade.
 A destra dell’edicola votiva, oltre la Chiesa di San Leonardo (fine sec.XVI), la strada conduce al palazzo Montefusco (attuale sede del Collegio dei Traduttori), detto della "Catena" a causa dell'ostacolo posto all'ingresso per scoraggiare i passanti indiscreti ; proseguendo si arriva alla piazza della Repubblica detta "il pozzo" da una antica cisterna d'acqua sorgiva. Questa piazza molto frequentata dai giovani procidani, é il punto d'incontro tra la nuova Via Libertà che conduce al porto e la via Vittorio Emanuele II che continua verso il centro cittadino.
 La strada a sinistra dell'edicola votiva prende invece il nome del Principe Umberto. Lungo la salita, sul lato sinistro, s'incontrano, dapprima, un altro accesso all'Istituto tecnico nautico "F. Caracciolo", sede del museo del Mare, visitabile la mattina dei giorni feriali, e poi sulla destra il casale Principe Umberto.
 La salita termina in piazza dei Martiri, la piazza teatro delle speranze e della repressione del 1799. Qui, infatti, i rivoluzionari isolani issarono l'albero della Libertà, con i colori rosso-giallo-blu. La rivolta fu però presto soffocata nel sangue dai Borbone e dagli Inglesi, che riconquistarono l'isola prima di Napoli. E proprio nel canale di Procida (il tratto di mare tra Procida e il continente) la flotta inglese dell'ammiraglio Nelson affrontò con successo le navi della Repubblica Partenopea, comandate dall'ammiraglio Francesco Caracciolo.
 A ricordare la furia reazionaria, nella piazza, c'é una stele commemorativa dei gentiluomini, dei propretari e dei sacerdoti giustiziati per aver dato il proprio contributo al governo repubblicano.
 Al centro della piazza sorge il monumento dedicato ad Antonio Scialoja (1896), insigne oratore, politico, letterato, senatore del Regno d'Italia e ministro della Pubblica Istruzione.
 Sulla sinistra, verso l'interno, le stradine strette raggiungono la zona detta "Vigna", per l'antica coltivazione a vigneto, dove si trova un casale chiamato "Vascello", dalla sua forma, costituito da edifici a tre livelli intorno ad una corte chiusa e scoperta.
 In fondo alla piazza, la Chiesa della Madonna delle Grazie(XVII sec.), elevata a cavalcione della roccia alla sommità della Corricella, guarda il panorama che va da Oriente ad Occidente, dalla Punta dei Monaci alla Punta Pizzaco. La costruzione della cupola della chiesa fu a lungo impedita dalla nobile famiglia De Iorio, proprietaria dell’omonimo palazzo situato alle spalle della chiesa rispetto al mare, poiché ostruiva la vista panoramica verso il mare, godibile dai balconi del loro palazzo.
 Superata la Chiesa di S.M. delle Grazie, si lascia sul lato sinistro il largo Castello detto"Schianata" (poiché nel XVI sec. il terreno fu spianato), e si percorre la salita Castello che conduce ai fabbricati già destinati a Casa di reclusione (1830-1988), dominati dalla mole del Mulino, costruito nel 1764 per la molitura dei grani importati durante la carestia.
 Dove la salita forma un gomito, è possibile ammirare il più caratteristico paesaggio di Procida: le case sovrapposte e variopinte di Marina Corricella, un suggestivo anfiteatro aperto sul mare;
 poco oltre, verso oriente, si delinea sull'azzurro del cielo il convento domenicano di S.Margherita nuova (1586-1956; in ricostruzione). Per realizzare il convento e la chiesa su quella roccia scoscesa, fu necessario elevare un complesso di piloni sormontati da archi, che formano la parte più caratteristica della Punta dei Monaci. Si continua a salire, e sotto l'arco, a destra, è visibile la piccola cappella della Madonna del Carmine; sulle pareti ci sono alcune croci nere che segnalano la sepoltura di detenuti politici vittime di un massacro (1849); proseguendo si giunge alla Piazza d'Armi, chiusa da un lato da alte abitazioni, che un tempo servivano al popolo per opporre resistenza ai nemici invasori.
 In fondo c'é il Palazzo Reale, detto anche "Castello", fatto erigere nel 1563 dal Cardinale d'Aragona Innico d'Avalos (Abate di San Michele).Tale costruzione fu per due secoli e mezzo adibita a residenza reale per poi divenire Bagno Penale nei primi decenni del 1800. Al complesso che abbraccia parte della Terra Murata (cosiddetta per le fortificazioni medioevali),a strapiombo sul mare, è stata successivamente aggiunta la costruzione del carcere moderno che si presenta sulla sinistra della Piazza d'Armi. Dal 1988 tutto il carcere è stato completamente chiuso.
 Dalla Piazza d'Armi nel giorno del Venerdì Santo partono, per la Processione, i "Misteri", le caratteristiche rappresentazioni in legno e carta delle Sacre Scritture, preparate dai giovani procidani in occasione del giorno della Passione di Cristo.
 Sulla destra della piazza, prima del castello, inizia la salita di Via S. Michele (dedicata al Santo protettore dell'isola), che reca ancora sui muri le tracce dell'antica "porta di mezz'omo" costruita nel XVI sec. per consentire l'accesso al borgo di Terra Murata propriamente detto. L'unica strada che menava al borgo, prima del XVI secolo,era la Via Tabaia che partiva dalla Marina del Santo Cattolico e attraverso la Vigna conduceva alla porta della terra (distrutta nel 1563 in seguito alla costruzione del castello aragonese). Dove oggi è la Piazza d'Armi c'erano scavati dei fossati che servivano a contrastare il nemico, per impedirgli di arrivare al centro antico dell'isola, una fortezza che si era sviluppata sulla collina più alta (m. 91 s/m), in evidente posizione difensiva. Quando fu costruita la porta di mezz'omo fu allargata l'antica via dei "fossi", e si costruì la salita San Michele.
 Terminata la breve salita, ci si trova di fronte al Conservatorio delle orfane fondato nel 1656 per accogliere le vittime della peste. Un punto panoramico é il belvedere di Via Borgo(sulla sinistra) che si apre a mozzafiato sul Golfo di Napoli. Da notare sulla piazzola una casa, esempio tipico di architettura locale.
 Ma la costruzione più importante di Terra Murata è senza dubbio l'Abbazia di San Michele (XVI sec.), in origine convento Benedettino(VII-VIII sec.), che fu nel corso della sua storia più volte saccheggiata, distrutta e ricostruita a causa delle incursioni dei Saraceni(nome con cui i napoletani indicavano gli islamici fin dai tempi degli Arabi, ma in questo periodo i razziatori erano gli ottomani).Una di queste incursioni fu evitata grazie all’apparizione miracolosa di S. Michele(Santo patrono dell’isola) davanti alle truppe dei barbari che, per lo spavento e per la fretta di fuggire, gettarono in mare una pesante ancora, custodita tuttora nell’abbazia.
 L'Abbazia custodisce numerose opere d'arte, come una tela raffigurante San Michele(opera della scuola di Luca Giordano) al centro di un suggestivo soffitto a cassettoni.
 Davanti all'ingresso principale della chiesa si apre la piazza Guarracino, l'antico punto di riunione del popolo.
 In questo borgo, mite e sereno, abitato da tranquilla gente, le straducce sono come un budello, tutto un andirivieni di passaggi, di corridoi, di vie coperte; un aprirsi dappertutto di porte, di scale, di finestre e di pozzi pieni d'acqua. Il fascino di quest’eccezionale località è probabilmente aumentato dalla sensazione di abbandono e di quiete che si respira.
 Da Piazza dei Martiri s'imbocca la ripida discesa di Via San Rocco, che si insinua tra vecchie case di svariate forme, ammucchiate e addossate le une sulle altre. Fin dai tempi più remoti, questa contrada è chiamata anche "Callìa" che, dall'origine greca della parola, vuol dire bella contrada; difatti la strada costeggia una delle più belle coste procidane. In fondo, da un belvedere di questa grande curva, si può ammirare da una suggestiva posizione il borgo marinaio della Corricella, dove le case dei pescatori aggrappate sull'alta e ripida costa formano un caratteristico agglomerato, comune ad altri luoghi del Mediterraneo, ma particolare per l'utilizzo dei colori pastello giallo, rosa, azzurro, verde, bianco, utili ai naviganti a riconoscere la propria casa dal mare.
  Il nome Corricella deriva dal greco "coros callos"( bella contrada), la medesima etimologia di Callìa, che ne costituisce la parte superiore.
 Al borgo della Corricella possiamo accedere solo attraverso delle scalinate. La più frequentata è la "Gradinata del Pennino", quella centrale di fronte alla chiesetta di San Rocco(XV sec.), nel punto più basso dell'omonima strada. La Gradinata attraversa una fitta schiera di case in passaggi stretti ed angusti e conduce sino al molo.Questa gradinata, come il resto della Corricella, ha fatto da sfondo a tante produzioni cinematografiche. E tra le case della Corricella possiamo distinguere alcuni tra gli alberghi e ristoranti più esclusivi dell'isola.
 Tornati su alla Via San Rocco, proseguendo per la contrada di Callìa si giunge alla via intitolata a Marcello Scotti, un sacerdote eruditissimo vittima della reazione borbonica del 1799. In questa strada si allineano alcuni palazzi con bellissimi giardini, che i notabili si costruirono in stile seicentesco nella parte più bella dell’insenatura della "Chiaia". Tra i palazzi,sulla sinistra, vi è una chiesa dedicata a San Tommaso d'Aquino(XVIII sec.) retta dalla Confraternita dell' Immacolata dei Turchini(cosiddetti per la mozzetta di seta). La chiesa possiede una pregevole scultura lignea di Cristo, eseguita nel 1728 dallo scultore napoletano Carmine Lantriceno.In questa scultura Nostro Signore è rappresentato nel momento della deposizione dalla Croce, supino su una semplice tavola, con la testa appoggiata su un cuscino.
 Questa straordinaria opera chiude il corteo funebre del Venerdì Santo (la tradizionale processione dei "Misteri"), e il suo passaggio è sempre accompagnato da sentite lacrime di commozione dei fedeli isolani.
 Alla fine della strada Marcello Scotti, il palazzo Emanuele ( o Scotti, sec.XIX; detto "Mamozio" dalla denominazione popolare del mascherone che orna la rosta del portone) determina un piccolo bivio.
 Sulla destra s’imbocca Via Vittorio Emanuele II che va verso Piazza della Repubblica. Lungo questa strada, sulla destra, si erge l'edificio della Scuola elementare che nella pesante veste architettonica forma una nota discordante per le semplici costruzioni dell'isola. Nella piazzetta antistante all'edificio vi è un monumento dedicato ai Caduti della Patria della prima guerra mondiale (1925).
 Se invece al bivio si prosegue dritto, si perviene ad una piazzetta, sulla cui sinistra è la chiesa di San Giacomo (1656), oggi sconsacrata e in ristrutturazione. Più avanti vi è la chiesetta di San Vincenzo (1571) attuale sede dell'Arciconfraternita dei Bianchi (cosiddetti per la mozzetta di seta bianca). Dopo questa chiesa sulla sinistra c'è la via dei Bagni che conduce alla spiaggia della "Chiaia", e più avanti i Giardini di Elsa, immersi in fantastici frutteti (dove Elsa Morante scrisse "L'isola di Arturo"), e attuale sede del parco letterario intitolato all’omonima scrittrice.
 La strada Vittorio Emanuele II prosegue tra semplici case e sontuosi palazzi d'epoca (degno di nota è il palazzo Manzo, del 1685, sulla sinistra, il più antico datato dell'isola), fino a giungere ad un'altra chiesa, quella di San Antonio Abate (primi sec.XVII). Questa chiesa sorge all'inizio di Via Cavour ed ha alle spalle la contrada "Le corte", così detta dai cortili che la circondano. In questa contrada vi è la torre dei de Jorio, del sec. XVII, per un certo tempo utilizzata come carcere.
 Di fronte alla chiesa di San Giacomo, per la Via SS.Annunziata, si passa dinanzi all'omonimo casale (a sinistra, in fondo al quale vi è l'Ospedale civico "Albano Francescano"); più avanti a sinistra si svolta nel viale Madonna della Libera che conduce alla chiesa della SS.Annunziata, ricostruita nel 1600 su un convento di Suore Benedettine.
 Riprendendo la Via SS.Annunziata, ci si inoltra nella località "Starza" (nome derivato dalla grande estensione di terreno che l'Abbazia possedeva in questa zona), una delle contrade più fertili dell'isola.
 Una delle stradine sulla destra (la Via Faro), conduce alla punta Pioppeto dove sorgono alcuni piccoli alberghi solitari e tranquilli nelle campagne che degradano fino al mare.Sulla punta, dal 1849, è acceso il Faro, preceduto da un belvedere con panorama sul canale di Procida.
 Ritornando all’inizio di Via Faro, si percorre la Via Regina Elena, lasciandosi sulla destra le vie Rinaldi, S.Ianno e Ottimo, che, coltivate a vigneti, costituiscono la contrada del "Cottimo" (cosiddetta per il particolare rapporto di lavoro che legava i contadini ai proprietari delle terre).
 La strada prosegue, col nome di Via C. Battisti, e sempre sulla destra, in località "Rotonda", s'incontra una torre cinquecentesca (la meglio conservata delle tre presenti nell'isola). Questa torre fu costruita nel XVI sec. per ordine del viceré di Napoli, Don Pietro di Toledo, per la difesa delle popolazioni contro le incursioni dei corsari. A Procida ne furono costruite altre due. Una doveva elevarsi alla fine di Via Tabaia, l'antica strada che collegava la Marina di Santo Cattolico con la Terra Murata in località "Lingua". La seconda trovasi sulla Via Giovanni da Procida, a destra, dopo la chiesa di S.Antonio, e certamente in tempi posteriori ha dovuto subire una notevole trasformazione ad uso abitazione. Le tre torri costituiscono lo stemma del comune di Procida.
 Dalla torre della Rotonda una strada che attraversa vigneti e frutteti porta sulla collina del Cottimo. Giunti nella parte più elevata, si apre davanti agli occhi uno spettacolo straordinario: l'insenatura del "Pozzo Vecchio", racchiusa dalla "Punta della Serra" dietro la quale, la spiaggia di "Ciraccio", lunga un chilometro e mezzo e termina in una lingua di terra che unisce l'isola con la collina di Santa Margherita Vecchia.
 Riscendendo dal Cottimo si può facilmente raggiungere la spiaggia del Pozzo Vecchio, sovrastata dal piccolo cimitero dell'isola.